Quante storie… quanta storia…
in un breve tratto di strada
La strada romana “Sonia”
Percorsi pochi metri dopo aver iniziato la camminata “Da CIABOT a CIABOT”, si raggiunge la strada Comunale per Mongrosso: un ramo dell’antica strada romana chiamata Via Sonia che, proveniente da Alba, Pollenzo, Benevagienna, Bastia, Niella Tanaro, seguendo la sinistra orografica del Tanaro e attraversato il torrente Corsaglia a Lesegno nei pressi della cappella di S. Maria in Luchinetto, ora chiesa del cimitero (già esistente nell’anno 1024 e prima Parrocchiale di Lesegno), proseguiva per la “muntà veja” passando sotto i bastioni del castello.
Attraversato il Borgo di Lesegno nella via con i portici, proseguiva per Mongrosso, Mombasiglio, Scagnello, Battifollo per poi scendere nella Val Tanaro presso Bagnasco e dirigersi verso le due località liguri di Albenga e Oneglia.
La cappella di San Nicola da Tolentino
Nel primo tratto di strada, il lato sinistro della carreggiata costeggia un ampio appezzamento agricolo di 16 giornate piemontesi, chiamato ancora oggi “il campo di San Nicola”.
La ragione di tale denominazione sta nel fatto che in quel luogo un tempo sorgeva una cappella dedicata appunto a San Nicola da Tolentino (da non confondersi con il più noto San Nicola di Bari).
Siamo nell’anno 1690 quando il Marchese Gerolamo del Carretto di Lesegno, proprietario di quel terreno, non riuscendo ad avere figli dalla moglie Fausta del Carretto di Gorzegno, pensò bene di richiedere l’intercessione di San Nicola, protettore dell’infanzia e della maternità, facendovi edificare una cappella a lui dedicata, ubicata nei presi della strada per la frazione “Puřin-“.
Intenzione del Marchese era anche di costruire, accanto alla cappella un Convento di Agostiniani Scalzi, l’ordine monastico a cui apparteneva San Nicola. L’ambizioso progetto fu però presto abbandonato perché di lì a poco la moglie, già malferma di salute, venne a mancare. Il Marchese Gerolamo presto si risposò con Teresa Falletti di Villafalletto, dalla quale ebbe ben cinque figlioli.
La Cappella rimase in piedi sino al 1860, quando lallora proprietaria Luigia del Carretto, cessò di farvi celebrare le funzioni religiose e la fece abbattere.
Lesegno: Quartier Generale dell’Armée d’Italie
19-23 aprile 1796
Il 16 aprile 1796 il generale Colli, comandante dell’armata sarda, si recò nel castello di Lesegno, dove aveva sede il quartier generale del generale marchese Solaro della Chiusa.
Dopo affannose consultazioni venne firmato l’ordine alle truppe piemontesi di abbandonare le posizioni di Ceva e di ripiegare su Cherasco e su Niella Tanaro. Nella notte tra il 16 e il 17 e nella mattinata del 17, la ritirata, agli ordini del generale conte Vitale venne puntualmente eseguita e il 19 Lesegno fu evacuata dall’ultimo battaglione che tagliò alle sue spalle il ponte sul Corsaglia sulla strada per Niella.
Mentre le avanguardie francesi già apparivano sulle alture a destra e sinistra del villaggio, quelle provenienti da Mombasiglio, percorsero nell’avvicinamento un tratto della strada di Mongrosso. Ritiratisi sulla sponda sinistra del Corsaglia, i Piemontesi si schierarono in posizione difensiva, avendo il loro centro alla Bicocca di San Giacomo, l’ala destra tra San Michele e Vicoforte, e l’ala sinistra tra il piccolo altipiano del Castellazzo e la confluenza del Corsaglia con il Tanaro.
Tralasciando i tragici avvenimenti di quei giorni, quando le truppe francesi arrivate nel paese si dettero al saccheggio e alle violenze, all’occupazione del castello da parte delle Stato Maggiore francese e alle varie azioni militari tra i due eserciti; prendiamo in considerazione alcune notizie sul comportamento di Bonaparte in quei giorni.
Nel pomeriggio del 19 aprile i marchesi Del Carretto vennero informati che la porta del castello era stata sfondata e che iniziava il saccheggio. Mentre il marchese tentava di ristabilire un po’ d’ordine, entrò nel cortile il generale Bonaparte con tutto lo stato maggiore, scortato da un numeroso distaccamento di cavalleria. Sceso da cavallo (si dice che egli entrò a cavallo nell’atrio d’ingresso del castello) si diresse all’interno per osservare personalmente dalle finestre verso la valle Mongia le posizioni dei Piemontesi, risalì a cavallo e se ne andò.
Bonaparte era molto preoccupato di dover affrontare lo schieramento dell’esercito avversario ben posizionato oltre Corsaglia e, per meglio osservare le posizioni, percorse alcune volte il percorso Lesegno, Mongrosso, Masentine, Piagge, San Paolo. Il giorno 20, alle tre di notte Bonaparte rientrò nel castello. La mattina del 23 aprile Bonaparte, circondato dal suo Stato Maggiore, ricevette in gran pompa in un salone del castello il marchese con i rappresentanti del Comune.
Lungo le pareti del salone erano schierate le bandiere prese in combattimento ai Piemontesi, bandiere che furono in seguito spedite a Parigi, quali trofeo di guerra. Nel pomeriggio dello stesso giorno Bonaparte e il quartier generale lasciarono il castello per dirigersi a Carrù.
Il veterinario Lesegnese Giuseppe Antonio Luciano
Il cavallo di Bonaparte
Recentemente abbiamo rintracciato un interessante documento riguardante il famoso veterinario lesegnese Giuseppe Antonio Luciano del quale si era persa ogni traccia.
Nacque a Lesegno il 16 dicembre 1772 da Bartolomeo e Geronima Silvano. Il padre, anch’egli veterinario, fece frequentare al figlio la Scuola Comunale ed in seguito il ginnasio nel collegio di Ceva. Intraprese quindi gli studi di veterinaria raggiungendo una brillante carriera professionale nell’Esercito sabaudo. Ma la notizia che più ci interessa è legata ai fatti avvenuti nell’aprile 1976, quando il Castello di Lesegno fu sede del Quartier Generale dell’Armée d’Italie.
In quei giorni il Luciano diede una prova significativa delle sue capacità dovendo servire un cliente molto particolare: Il Generale Napoleone Bonaparte, capo supremo dell’esercito francese.
Questi, affidava al Luciano le cure di un suo cavallo prediletto (di cui non conosciamo il nome) gravemente ferito pochi giorni prima nella battaglia presso il castello di Cosseria. Bonaparte restò così soddisfatto dell’opera del miracoloso guaritore del suo cavallo, che gli offrì una cospicua remunerazione, rifiutata dal Luciano.
Allora Bonaparte, profondo conoscitore qual era delle persone, promise al Luciano particolari riconoscenze qualora avesse voluto seguirlo in Francia. L’invito era allettante, ma il Luciano, adducendo come scusa una grave malattia e soprattutto il doloroso pensiero di dover abbandonare la famiglia, lo rifiutò.
A cura dell’Associazione “LESEGNO VIVE”
Agosto 2024 in occasione della manifestazione “Da CIABOT a CIABOT”